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Immagine del redattoreGianpaolo Giacomini

Omeopatia

Cos'è la Medicina Omeopatica e come funziona?


Con Omeopatia si intende un metodo di cura, basato sulla legge dei simili, che prevede l'utilizzo di un rimedio (rimedio omeopatico) che produce nel soggetto sano gli stessi sintomi della malattia che si può curare. Pertanto il rimedio è simile alla malattia nell'espressione dei sintomi che produce, ma di specie od origine diversa, cioè non è derivato o composto dello stesso agente causale della malattia.

Ci sono varie "correnti" riguardo i vari metodi di Omeopatia.


- L'Omeopatia Unicista è quella più aderente al rigore hahnemanniano (il teorizzatore più moderno dell'Omeopatia), perché prevede la prescrizione di un solo rimedio alla volta (un individuo nel corso della vita può richiedere anche rimedi diversi) che viene prescritto secondo i fondamenti dell'Organon (il testo di Omeopatia scritto da Hahnemann).

- L'Omeopatia Pluralista prevede l'utilizzo di più rimedi alla volta e, in particolare, in quella che viene chiamata Omeopatia Complessista (o Clinica), è frequente l'utilizzo di rimedi complessi, ovvero preparati che contengono, già nello stessa formulazione, sostanze diverse. È questo un approccio più sintomatico che cerca di contrastare il sintomo piuttosto che la malattia, rimanendo in una sfera d'azione certamente più superficiale, sia dell'individuo che della sua sofferenza.



I principi su cui si fonda l'Omeopatia sono i seguenti:

- ogni sostanza biologicamente attiva (rimedio o farmaco) produce sintomi caratteristici in organismi sani suscettibili a quella sostanza; - ogni organismo malato esprime una serie di sintomi caratteristici che sono tipici della sua personale alterazione patologica; - la guarigione di un organismo malato può essere ottenuta mediante la somministrazione mirata del rimedio che in organismi sani ha prodotto un quadro sintomatologico simile.


Secondo Hahnemann, il farmaco "classico" (allopatico) agisce come una malattia dissimile più debole, se somministrato a basse dosi (e in questo caso non modifica minimamente la malattia per la quale è somministrato) o come una malattia dissimile più forte, se somministrato in dosi più consistenti o in individui più deboli. In questo caso quasi mai si verifica solo una sospensione transitoria della malattia, perché per lo più la malattia riprende complicata dai sintomi del farmaco, quelli che chiamiamo comunemente sintomi iatrogeni.

Un individuo affetto da una malattia infiammatoria cronica, come l'artrite reumatoide, e che necessita di antinfiammatori per lungo tempo, a causa del trattamento, oltre ai disturbi della sua malattia, soffrirà anche dei sintomi indotti dalla terapia farmacologica (bruciore gastrico o ulcera nei casi più gravi, alterazione di alcuni parametri ematologici, ecc.).


Il rimedio omeopatico

Con rimedio omeopatico si intende quel medicamento diluito e dinamizzato la cui azione terapeutica è stata verificata tramite una sperimentazione sull'individuo sano; tale tipo di sperimentazione, il cui nome inglese è proving, è uno dei presupposti basilari su cui si fonda l'Omeopatia.


Il rimedio omeopatico ha due caratteristiche:

  • la diluizione o attenuazione energetica;

  • la succussione o dinamizzazione.

Entrambi questi passaggi, e non uno solo di essi, conferiscono al rimedio quella che si chiama la potenza omeopatica, ovvero la sua capacità energetica. L'uso della diluizione ha una sua precisa ragione storica: molte delle sostanze inizialmente provate erano derivate da composti altamente tossici e non potevano essere usate come tali per la sperimentazione. Fu allora che Hahnemann iniziò a provarne l'effetto con dosi molto piccole, cioè molto diluite, somministrate ripetutamente nel proving fino alla comparsa dei sintomi. Nel corso di queste iniziali esperienze riferì di aver osservato che se un paziente necessitava di un rimedio, ovvero se c'era corrispondenza tra il quadro della sua malattia e i sintomi indotti da quel rimedio nella sperimentazione, egli tendeva a essere molto sensibile al rimedio stesso. Perciò si potevano utilizzare dosaggi molto più bassi (rimedi diluiti con piccole quantità della sostanza) di quelli necessari per ottenere una risposta in un soggetto sano (cioè nel proving).



Anche la succussione o scuotimento della soluzione nasceva da un motivo puramente pratico: rendere omogenea la soluzione stessa. Solo in seguito si osservò che questo procedimento era necessario per aumentare l'effetto delle sostanze diluite.

Le tecniche di preparazione dei rimedi omeopatici sono oggi codificate dettagliatamente nelle varie farmacopee, di cui le più importanti sono quella tedesca e quella francese. I materiali grezzi provengono da tutti e tre i regni della Natura e vengono estratti mediante solubilizzazione in acqua e alcool. Se si tratta di materiali insolubili, essi vengono dapprima triturati e polverizzati con lattosio (che funge da substrato inerte) e poi portati in soluzione idroalcolica. Le soluzioni di partenza sono dette tinture madri (T.M.). Da queste si procede per le diluizioni successive. Le scale di diluizione sono:

  • la scala decimale (1:10), indicata con D, DH, X;

  • la scala centesimale (1:100), indicata con le sigle C, CH;

  • la scala cinquantamillesimale (1:50.000), indicata con LM.

Esiste anche il metodo korsakoviano (K) in cui il flacone viene svuotato della soluzione ad ogni passaggio e si considera come goccia unitaria la quantità di liquido che rimane adesa alla parete del flacone. Alla goccia, che convenzionalmente rappresenta in questo metodo l'unità, si aggiungono 99 gocce della soluzione idroalcolica e si procede alla succussione secondo il metodo hahnemanniano.


Le diluizioni centesimali sono quelle storicamente più usate. Hahnemann utilizzò fino alla 30ch e la dose standard del proving è proprio questa. Quindi, la sigla 30ch significa che siamo di fronte ad una preparazione secondo il metodo hahnemanniano, che la scala di diluizione è la centesimale e la sostanza ha subito trenta passaggi di diluizione e succussione, cioè ad ogni passaggio il flacone viene sottoposto ad un processo di scuotimento, dall'alto verso il basso, che convenzionalmente è ripetuto per 100 volte.

Nella pratica clinica le centesimali più utilizzate sono: 4ch, 5ch, 7ch, 9ch, 12ch, 15ch, 30ch, 200ch, 1.000ch, 10.000ch, 50.000ch, 100.000ch.


Le diluizioni cinquantamillesimali hanno un procedimento di preparazione diverso, che viene descritto da Hahnemann solo nella sesta edizione dell'Organon, edizione peraltro molto discussa anche in ambiente omeopatico. In questo metodo di preparazione la sostanza subisce prima alcuni passaggi in fase solida, cioè attraverso la triturazione con lattosio, e poi quando è ridotta ad un cinquecentesimo della parte iniziale viene portata in fase liquida e dinamizzata fino a 1/50.000 (che corrisponde alla 1LM).


Gocce e granuli omeopatici: quale preferire

Le sostanze omeopatiche arrivano tutte nella forma finale come liquidi, tuttavia i rimedi si trovano anche in forma di palline di lattosio (i globuli, più piccoli, nei tubi per la dose unica, e i granuli, più grossi, in tubi muniti di un particolare sistema che permette di dosare il numero delle palline e consente somministrazioni ripetute).

Per presentarsi in questo modo, le palline di lattosio vengono messe in contatto con la soluzione preparata del rimedio e poi essiccate. Questo processo viene definito impregnazione, poiché il liquido impregna, dapprima superficialmente ma poi anche internamente, il globulo o il granulo.


Diversamente dalle palline di lattosio, i rimedi in gocce offrono il vantaggio di poter essere dinamizzati prima di ogni somministrazione, scuotendo il flacone con almeno 5 colpi, tuttavia sono più difficili da conservare. Se occorre ripetere un rimedio che è già stato assunto in granuli, magari più volte nella stessa giornata (quale è il caso di forme morbose acute, per esempio una febbre) si deve comunque passare alla fase liquida, sciogliendo i granuli in un dito d'acqua e poi agitando il bicchiere con un cucchiaino o meglio ancora utilizzando una piccola bottiglia di vetro e scuotendola dall'alto verso il basso per almeno 10 volte prima di ogni successiva somministrazione; è di fondamentale importanza la succussione tutte le volte che è necessaria una ripetizione della stessa diluizione.


Meccanismo d'azione dei rimedi omeopatici

Esistono oggi numerosi studi fisico-chimici che spiegano il meccanismo d'azione di tali diluizioni; il problema rimane la riproducibilità di tali esperimenti data l'instabilità di queste diluizioni (e la riproducibilità di un esperimento, insieme alla verificabilità di una ipotesi di lavoro, rappresentano i due concetti fondamentali della ricerca scientifica).

Nel 1988 venne per la prima volta avanzata l'ipotesi della memoria elettromagnetica dell'acqua da Benveniste. Quella che allora sembrava un'eresia, oggi è stata confermata da diversi gruppi di ricerca. In pratica, l'acqua ha un comportamento dinamico e le molecole sono in grado di formare dei reticoli assimilabili ad un filo conduttore. Quando l'acqua viene posta in un campo magnetico le molecole si mettono ad oscillare all'unisono in modo coerente, o come si dice, in fase. La frequenza di oscillazione può essere trasmessa ai liquidi biologici.

L'acqua si comporta cioè come un materiale non inerte e passivo ma dinamico nella trasmissione di una informazione energetica. Ogni stimolo fisico-chimico, e quindi anche la sostanza del rimedio, ha una certa frequenza di oscillazione che viene trasmessa all'acqua della soluzione, la quale continua a vibrare con la stessa frequenza anche quando la sostanza non è più presente.

Il processo di agitazione del liquido (succussione) avrebbe proprio il compito di "riattivare la memoria dell'acqua" ad ogni passaggio di diluizione, cioè 'rienergizzarla' con la stessa frequenza corrispondente alla sostanza iniziale. L'acqua fungerebbe così da messaggero, trasferendo poi la frequenza di oscillazione, ovvero l'informazione, ai tessuti e ai liquidi biologici dell'organismo che l'assume.

Sono state fatte altre ipotesi sul meccanismo di trasferimento dell'informazione da parte dell'acqua (tramite degli aggregati di molecole particolari, cavi al centro, che incorporerebbero così la molecola di soluto, i cosiddetti cluster) e la possibilità di una verifica sperimentale non sembra più così lontana. La ricerca di base in Omeopatia ha ormai permesso di ritenere che il rimedio omeopatico sia dotato di una specificità nei confronti di sistemi 'recettoriali' dell'organismo. Il segnale veicolato dalla soluzione viene riconosciuto specificamente dall'organismo bersaglio ed elaborato in modo da indurre un'azione positiva su tutto il sistema. Si tratterebbe comunque di un'attività biologica in presenza di tracce di molecole, tanto che è stato coniato il termine di biologia metamolecolare, e l'informazione veicolata differisce da quella conosciuta dalla biologia e dalla farmacologia classiche.


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